Il significato dell’impaccio

Il significato dell’impaccio

Generalmente non ci si domanda mai qual’è il significato dell’impaccio, ritenuto soltanto un modo anomalo e immaturo di reagire. In realtà si tratta di una presa di posizione dell’interiorità, che risulta difficile da comprendere finchè si rimane sulla superficie del ragionamento, senza andare in profondità. Le risposte interiori vengono spesso squalificate e aggredite invece che ascoltate, rispettandone i significati, comprendendo così la finalità che si propongono, che è sempre costruttiva, anche se non di immediata comprensione. L’azione dell’interiorità può apparire ostile visto che ostacola quello che comunemente si ritiene essere il riuscire ad esprimersi, non rendendo possibile scioltezza e fare disinvolto. L’interiorità sembra invalidare la propria azione, che può risultare particolarmente disagevole per la presenza di stati di ansietà che impediscono quella scioltezza che si crede essere la cosa più favorevole a sè. Una scioltezza spesso identificata con una modalità estroversa, espansiva, ritenuta espressione di maturità e di sicurezza personale. Un impedimento, quello dell’impaccio, che la persona, propensa a valutare le cose solo nei termini della riuscita esterna, del trovare conferme nell’apprezzamento altrui, vive come una menomazione rispetto agli altri che invece ritiene più capaci di affrontare le situazioni, di esprimersi, di vivere.

Si considera l’impaccio semplicemente un deficit, una mancanza, senza capirne il significato che invece c’è ed è molto profondo. Alla base di questa incomprensione con la propria interiorità c’è una visione della sicurezza personale, della realizzazione di sé, che rimane ancorata alla superficie delle cose senza cogliere cos’è realmente la propria realizzazione, l’espressione di sé. Finchè si rimane in superficie l’azione dell’interiorità rimane incomprensibile perché tutto il ragionamento è dominato da una lettura unidirezionale che valuta tutto in termini di adeguatezza, del riuscire a fare come gli altri fanno. Il criterio del paragone e del confronto con gli altri domina il ragionamento, che non conosce altro modo di dare significato alle cose e dunque squalifica, senza capire, l’azione dell’interiorità che viceversa non è dominata da questo principio omologante, anzi lo contrasta perché vede bene che questo principio impedisce lo sviluppo della propria personalità e dunque l’espressione di sè. Si dà talmente per scontato che riuscire ad eguagliare questi standard esterni equivalga a una affermazione di sé da non rendersi conto che in realtà si è dominati, quasi ossessionati, dall’apparire adeguati, facendosi trascinare, andando dietro a qualcosa che è altro da sé, perdendo così la propria soggettività, il proprio valore come individui.

Se si trattasse veramente dell’ espressione di sé l’interiorità non eserciterebbe alcun impedimento o contrasto, se lo fa è perchè si tratta del contrario, dell’imitazione, di una adesione passiva a dei modi di pensare esterni a sè. Non è un caso che limitandosi a ragionare, senza contatto con il mondo emotivo, se ne parla nei termini del sentirsi all’altezza di qualcosa, come se ci fosse qualcosa da raggiungere, da eguagliare, vincendo quella parte di se stessi che impedisce di sentirsi capaci come gli altri appaiono ai propri occhi. E’ un’idea di sicurezza che nasce dal confronto con l’esterno, con un modello ideale che si ritiene di dover raggiungere, spesso incarnato da una persona, ritenuta sicura in se stessa, che si cerca di emulare. In questa persona viene vista la capacità di cogliere le opportunità della vita, il sapersi esprimere e realizzare, tutte capacità da cui ci si sente derubati e menomati da quella parte di se stessi che sembra remare contro opponendo a tali possibilità un impaccio, una mancata scioltezza, una mancata espansività. Diventare sicuri equivarebbe dunque a combattere questa parte di se stessi, ritenuta incapace, averne la meglio, superarla per riuscire a cogliere le occasioni come riescono a fare le persone prese a modello di vita. La lotta diventa infatti serrata, questa parte di sé viene contrastata in tutti i modi dentro tale sforzo emulativo. E’ uno sforzo soprattutto di estroversione perché è questo il modello a cui viene dato comunemente valore, attribuendogli la capacità di fare strada nella vita, il “saper vivere” cogliendo ogni opportunità. Le persone prese a modello, sciolte e espansive, saprebbero cogliere tali opportunità, realizzando le proprie capacità, mentre l’impaccio impedirebbe questa realizzazione personale. La persona sarebbe dunque condannata dal suo impaccio a rimare immatura e non realizzata in una condizione di inferiorità rispetto agli altri.

In realtà dentro se stessi niente ostacola la realizzazione personale, anzi tutto è volto a favorirla e anche l’impaccio acquisisce significato se si riesce a comprendere profondamente cos’è la realizzazione personale e dunque l’azione dell’interiorità che è finalizzata a far compiere alla persona il proprio progetto di vita. L’impaccio ha un senso, una finalità realizzativa, perché impedisce alla persona di fruire di soluzioni pronte, senza elaborazione propria: parole, idee, opportunità, occasioni già disponibili, preconfezionate. La persona maledice quella parte di se stessa come quella incapace di esprimersi, incapace di cogliere le occasioni, in realtà quella parte di se stessa è quella che le impedisce di prendere soluzioni esterne preconfezionate, la “pappa pronta” immediatamente disponibile, che lei definisce “le grandi occasioni della vita”. L’interiorità attraverso l’impaccio fa capire alla persona che se vuole veramente esprimere se stessa, portando a maturazione le sue capacità, le cose vanno costruite, sviluppate interiormente e non prese passivamente dall’esterno. Le fa capire che ci sono dei tempi di maturazione se si vuole sviluppare qualcosa di proprio, impedendole quell’immediatezza del volere subito soluzioni pronte. Le fa capire che non ci si può slegare facilmente da questi tempi di maturazione più lenti e complessi per inseguire il modo più facile di darsi valore, che è quello che passa attraverso il consumo di queste soluzioni immediate per ottenere l’apprezzamento degli altri. Le opportunità che lei ha sempre ritenuto tali sono quella pappa pronta che è facile da usare perché non richiede preparazione propria.

Le impedisce attraverso l’impaccio di utilizzare queste soluzioni pronte perché il loro utilizzo non porta a sviluppare le proprie capacità, a darsi prospettive ed opportunità, in quanto ci si limita a consumare, come quando si mangia del cibo pronto che non richiede alcuna preparazione. L’interiorità vuole invece che si sviluppino queste capacità e vede il rischio di mancata realizzazione in questo atteggiamento all’apparenza così promettente. Si tratta di soluzioni facili basate sul consenso, sul riuscire incontrando il favore esterno. L’interiorità attraverso l’impaccio e gli stati di ansietà che lo accompagnano, le fa percepire questo vincolo al consenso, mostra tutta la fragilità di una costruzione del senso della propria realizzazione basata sul riuscire agli occhi altrui. L’impaccio le impedisce d’essere copia d’altro invece che fedele e corrispondente a se stessa nel momento in cui è spinta ad inseguire il consenso, ad emulare, a dover dare prova di sè. L’interiorità smonta quel valore comunemente attribuito a quel modello ritenuto “capace di vivere”, che la persona sta cercando di eguagliare, mostrandole, attraverso l’impaccio, tutto l’aspetto dipendete dal giudizio esterno e l’assenza di qualcosa di costruito a partire da sè. L’impaccio ha la finalità di impedire di prendere con scioltezza queste soluzioni esterne all’insegna del dipendere e, se lo si sa comprendere, può diventare la più potente spinta verso l’autonomia. Per comprendere questa azione dell’interiorità occorre però uno sguardo profondo, se si rimane in superficie si continua a dare per scontato ed evidente qualcosa che in realtà non lo è affatto…

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