La cura è racchiusa nell’attacco di panico

La cura è racchiusa nell’attacco di panico

Come ho già scritto in un altro articolo l’attacco di panico non è un’esperienza priva di senso, invalidante, che va messa a tacere. Più gli si oppone, gli si resiste o lo si combatte come una cosa assurda e dannosa, peggio è. Invece è fondamentale comprendere il significato dell’attacco di panico, saperne assecondare l’intento propositivo, perché in  esso è già racchiusa la soluzione. L’attacco di panico contiene la saggezza alla quale la persona ha bisogno di attingere, i significati che è fondamentale che faccia propri. E’ dunque esso stesso la cura.

E’ uno dei sintomi più sconvolgenti che la persona possa sperimentare nella sua esistenza. E’ una forza che travolge, sovverte, rovescia e non lo fa mai a caso. Per questo va saputo ascoltare come qualcosa capace di dire e di far capire qual è il problema, la questione decisiva sulla quale la persona deve aprire il confronto con se stessa. Questo sconvolgimento che la persona vive come devastante ha infatti una profonda ragion d’essere. La persona con attacchi di panico ha un modo di vivere e di pensare improntato esclusivamente alla razionalità. Prevale in lei l’atteggiamento razionale di rifiuto e di chiusura rispetto all’interiorità, che la porta a non concedere nulla al suo intimo sentire, al suo profondo, e ad affidarsi integralmente ai modi comuni di pensare, ai significati dell’esistenza che ha preso fuori di sé. Utilizza queste categorie mentali vincolando sempre di più il senso di se stessa e della sua vita a dei principi esterni. E’ imprigionata in tutte le attribuzioni  di senso e di valore date all’esistenza dall’esterno. Continua a prendere come guida e riferimento i modi comuni di pensare che pretendono aver stabilito, predeterminato, definito qual è il fine dell’esistenza, qual è il valore personale, cosa è importante e essenziale. Sono modi di pensare supportati da teorie astratte che presumono sapere quale sia il destino dell’essere umano e cosa debba fare per dare compimento alla sua natura. La persona vi aderisce, preoccupata unicamente di non  disattendere le aspettative esterne, basate su questi principi generali. Si fa guidare da questi postulati che sanciscono in maniera indiscutibile cosa si debba fare per essere felici, realizzati, ma che non hanno un radicamento interiore e sono più che altro il frutto di costruzioni mentali distaccate dall’interiorità. Si tratta di rigide impalcature esterne che non sono maturate dal contatto con la dimensione interiore, ma sono il risultato di speculazioni razionali edificate su di essa.

Curare l’attacco di panico significa affrontare questo atteggiamento razionale che ha determinato un distacco dal proprio mondo interiore, mai ascoltato, mai espresso, mai compreso nei suoi veri significati, sempre manipolati a livello cosciente per farli quadrare nella visione comune, esterna. Tutto lo sforzo razionale è impegnato a tenere in piedi queste costruzioni mentali, mentre l’interiorità attraverso l’attacco di panico le sovverte, per ricostruire il senso di se stessi e della propria esistenza su delle basi interiori, proprie. L’attacco di panico scuote gli schemi rigidi del pensiero razionale che la persona ha sempre applicato a sè pretendendo di  “spiegare” la sua esperienza interiore senza mai ascoltare il suo sentire. Sono tutte le teorie, le interpretazioni che ha costruito sopra il suo mondo interiore, che ne è rimasto schiacciato, rimanendo del tutto inascoltato. Alla persona sfuggono pertanto i significati autentici della sua esperienza interiore, che sono stati sostituiti da questi costrutti mentali dentro cui ha preteso inquadrare e definire se stessa e i suoi vissuti perdendone così il senso originario.

Su queste idee ha costruito un’immagine di se stessa che non le corrisponde perché non è stata fondata su una consapevolezza fatta maturare a partire dal suo sentire, dalle sue emozioni, dal suo profondo. E’ una  consapevolezza illusoria che non regge la verifica interiore, pertanto l’interiorità la smonta attraverso l’attacco di panico perchè la sente estranea a sè. L’interiorità vuole vedere profondamente le cose, senza tutte le manipolazioni razionali che portano lontani dalla conoscenza di se stessi. Non permette più alla persona di manipolare razionalmente ciò che sente, di procede in maniera astratta senza dare spazio a ciò che sente autenticamente.  L’interiorità sente astruse ed estranee tutte le spiegazioni razionali che non hanno radici interiori, per quanto possano essere intellettualmente seducenti o rispondenti a quanto viene sostenuto esternamente dal senso comune. L’interiorità, al contrario della razionalità, non fa eco al senso comune, non tiene in piedi tutte le convinzioni sull’esistenza che la persona ha preso esternamente a sè. Sono queste certezze date per scontate che l’interiorità mette in discussione, facendo percepire alla persona che determinano un pericoloso allontanamento da se stessi. Le chiede di mettere in discussione queste “categorie mentali” che non le consentono di conoscersi e di dare pieno sviluppo a ciò che vuole vivere dentro di lei.

La persona con gli attacchi di panico non si conosce, ma ha sempre preteso sapere di sé attraverso un pensiero non calato nel suo sentire. E’ dunque sospesa nel vuoto dei ragionamenti astratti, priva di un radicamento a sé, alla sua interiorità, alla terra. Ha costruito un equilibrio nel piano superficiale del  mentale, in astratto, “per aria”, per questo l’attacco di panico lo viene a far vacillare. L’attacco di panico è una forza vitale  “tellurica” che la vuole riportare a terra, al contatto con se stessa, al radicamento interiore, perché è questo elemento vitale che le manca, come il suo respiro sempre più affannoso le viene a segnalare. L’attacco di panico non concede nulla alla razionalità, spazza via tutte le costruzioni mentali cha la persona si è cucita addosso. E’ il personaggio,  il ruolo, la maschera di adeguamento che l’interiorità sta cercando di scuotere energicamente. E’ l’immagine che corrisponde alle aspettative esterne, a quello che si pensa si “debba essere” con tutte le attribuzioni di senso preconfezionate date all’esistenza. La persona ha spiegato tutto di sè attribuendogli dei significati esterni. Così facendo ha incanalato la sua vita dentro delle definizioni già date, seguendo dei percorsi prestabiliti. E’ talmente ben adattata, identificata con il pensiero esterno da aver perso completamente il contatto con se stessa. E’ pienamente integrata al piano esteriore, drammaticamente lontana da se stessa. L’adesione all’esterno ha avuto il sopravvento. La guida razionale non ha concesso mai nulla al dentro, indirizzandola ad adeguarsi al meglio ai modelli comuni. Di qui il vigoroso richiamo interiore a riprendere il contatto con se stessa, a volgere lo sguardo dentro di sé.

L’attacco di panico fa vacillare  le sue convinzioni, i suoi soliti ragionamenti. Prevale il suo sentire che le fa percepire che non è disposto a sorreggere più nulla che non sia radicato a sé, chiedendole di lasciar cadere quanto credeva di sapere di se stessa. Le chiede di cedere all’onda che vuole spazzare via questo equilibrio che non le corrisponde per riscoprire il senso di se stessa e della sua esistenza su delle basi proprie, radicate  al profondo. Se la persona affronta l’attacco di panico cercando di gestirlo e di tenerlo a bada non fa che accentuare il suo “controllo razionale” proprio nel momento in cui l’interiorità le sta chiedendo di allentarlo e di dare spazio e ascolto a ciò che dentro di lei è capace di guidarla nell’affrontare i nodi cruciali della sua esistenza, attuando le trasformazioni che le sono necessarie. La psicoterapia dovrebbe aiutarla a comprendere che lo strumento di cura e di trasformazione è rappresentato proprio dalla sua interiorità, in tutto ciò che propone, che non è mai casuale o insensato ma “capace” di guidarla e di farle ritrovare il filo interno della sua esistenza…

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