Molte volte quando ci si riferisce alle emozioni, a ciò che si prova, invece di essere in contatto con il proprio sentire si esercita una attività prettamente razionale che rimane separata dal proprio mondo emotivo. Al posto di attingere al proprio sentire, di ascoltarlo, facendo maturare da esso il proprio pensiero, si utilizzano delle spiegazioni razionali che non trovano corrispondenza con la propria interiorità, creando una condizione di conflittualità e di scissione da se stessi. La persona crede di parlare di ciò che ha dentro di sé senza però entrare in contatto con la propria interiorità, ma facendo sue delle spiegazioni che ha preso all’esterno. Rimane dunque separata da se stessa, al di fuori del proprio mondo interiore, e si muove esclusivamente nel piano superficiale, esteriore del mentale.
Il movimento fondamentale che la psicoterapia dovrebbe consentire di compiere è il passaggio da questo piano superficiale, razionale, al piano profondo, per ritrovare il pieno accordo con il proprio sentire. Se si vuole attingere a qualcosa di autentico e che rispecchi la realtà interiore occorre ascoltare il proprio sentire in tutto ciò che propone, accogliendo tutte le sue espressioni, senza applicargli sopra alcun preconcetto o teorizzazione, ma seguendone il corso e la guida profonda. Se ci si ferma nel piano razionale si continuerà a spiegare l’esperienza interiore sovrapponendogli delle definizioni preconfezionate, prese dall’esterno. La persona crede di parlare di ciò che prova e invece continua a “spiegarlo” attraverso dei costrutti mentali che hanno sostituito il suo sentire, mai ascoltato per quello che voleva dire veramente.
C’è una presa fortissima della razionalità sul mondo interiore che non viene lasciato dire per ciò che vuole esprimere e viene forzato dentro delle spiegazioni che non gli appartengono. E’ un pensiero artificioso che non entra mai in contatto con il sentire e lo manipola a suo piacimento. La persona vuole convincersi che il suo pensiero stia esprimendo le proprie emozioni, invece è da esse del tutto slegato e sta dando voce ai preconcetti sull’esistenza che appartengono alla visione esterna, comune. Continua a ripetere a se stessa di provare una certa emozione, di sentire quella cosa, ma in realtà sta spiegando la sua esperienza interiore con la testa, in astratto, separata da ciò che sente veramente. Quelle che chiama emozioni sono le spiegazioni, i ragionamenti che ha continuato a costruire sul suo mondo emotivo, che ne è rimasto del tutto schiacciato. Il pensiero se rimane fermo nel piano razionale diventa “manipolatorio” di un sentire continuamente contraffatto e mai lasciato esprimere. E’ un pensiero che non dà espressione alla realtà interiore ma alla realtà esterna, ai modi comuni di pensare. Diventa inautentico, completamente identificato nella retorica comune, privo di una radice interiore. La retorica delle emozioni segue una trama tutta esteriore che non ha niente a che fare con la dimensione interiore e crea artificiosità nel proprio pensiero invece di lasciare spazio a ciò che si sente veramente.
La persona rimane ferma nei soliti ragionamenti che esprimono i modi comuni di pensare invece di dare voce all’interiorità, alla quale non riesce mai ad attingere. Continua a pensare in astratto, per via teorica, aumentando la separazione tra ciò che pensa e ciò che sente. Finisce con l’etichettare le sue emozioni secondo delle definizioni già date, le valuta, le giudica seguendo dei criteri esterni, non le percepisce. La persona parla di sé senza mai entrare in rapporto con se stessa ma facendo riferimento a dei significati esterni che mette sopra alla sua esperienza interiore. E’ fondamentale invece ristabilire il contatto con la dimensione interiore, troppo spesso sottovalutato e ritenuto di poco conto. Si dà molta importanza all’esprimere le proprie emozioni, ma l’elemento fondamentale è quello di riuscire a stabilire un contatto con esse, facendo un movimento verso l’interno, verso il profondo, altrimenti le parole non riusciranno ad esprimere le proprie emozioni ma continueranno a essere l’espressione di costruzioni mentali che le distorcono. E’ fondamentale prima di tutto compiere questo movimento verso l’interno, rimanendo in contatto con se stessi, altrimenti anche ciò che verrà espresso fuori, nel dialogo con l’altro, risentirà degli stessi limiti. Lo scambio avverrà nel piano esteriore invece che in quello interiore. Le persone si ripeteranno l’un l’altra delle spiegazioni prese all’esterno perché non hanno mai alimentato il rapporto con la propria interiorità. In questo modo invece di dare voce a ciò che sentono riprodurranno la logica comune e pertanto non riusciranno ad entrare in contatto con il mondo interiore dell’altro.
Troppo spesso si ha la pretesa di dire, di parlare e di comprendere senza compiere questo movimento verso l’interiorità, lasciando che sia l’inconscio a dire e a far capire. Si sommerge il proprio mondo interiore e quello dell’altro sotto tutte queste spiegazioni invece di ascoltarne la voce. Lo psicoterapeuta dovrebbe aiutare la persona a sollevare tutti questi veli rappresentati dalle spiegazioni che ha costruito sopra il suo mondo interiore e che falsano la percezione di ciò che ha dentro di sé. Dovrebbe dunque a sua volta abbandonare la sua impostazione scolastica, dottrinale e attingere alla dimensione interiore, permettendo così alla persona di scoprire che è proprio l’inconscio che può farle comprendere i significati autentici di ciò che sta provando. E’ infatti fondamentale rispettare i significati originari della propria esperienza interiore se si vuole finalmente nutrire un pensiero che sia l’espressione di ciò che si ha dentro di sé. Per fare questo occorre lasciare che sia l’inconscio a parlare, facendo sì che il proprio pensiero sia tutt’uno con la sua elaborazione, invece di sovrastarlo con la propria voce che ripete i soliti ragionamenti. La psicoterapia dovrebbe favorire questo pensiero generato da dentro, in accordo con il proprio sentire…